Berlino. Cammino per la Friedrichstraße.
Il cielo plumbeo e gonfio di nubi pesanti, come sempre. Vado in ufficio con il solito caffè in mano, quello preso alla Bäckerei all’angolo della strada. La musica nelle orecchie e in mano una cartella con un plico di appunti. Si chiamano “digital strategies” e sono pieni zeppi di teorie, tattiche, formule e note a margine.
Lo riprendo in mano oggi e faccio un tuffo nel passato: sfoglio e ci trovo cose ancora valide, molte sorpassate, alcune assurde. Ricordo quello come il “periodo spugna” in cui assorbivo molto e testavo sul campo metodi e approcci differenti, mettendo le basi di quello che sarebbe stato il mio approccio al marketing, fondato sulla scelta della via più complessa, quella che abbraccia il lungo periodo, che ti apre a un viaggio verso un obiettivo specifico e non ti promette né scorciatoie né gratificazioni immediate.
Ho rifuggito il mondo delle soluzioni facili e delle formule magiche, spiegate dietro titoli come ” i 3 modi per catturare più clienti” “ottieni 1000 clienti in 5 semplici mosse“, “scopri come diventare virale“, “guadagna subito 200millemila followers“.
Non mi sono allontanata apriori da questa fuffa, l’ho guardata con il giusto distacco per realizzare che se non funzionano è perché sono tattiche di breve periodo non inserite in un piano più ampio, sono generiche e non applicabili per forza alla tua situazione e a volte lasciano dei brutti effetti collaterali.
Come nel Medioevo
Per me tra offline e online non c’è molta differenza. Dietro gli schermi ci sono comunque le persone e come nella vita reale le persone sono socievoli, introverse, timide, impacciate, arroganti, coraggiose, carismatiche, costruttive, distruttive.
Le dinamiche umane che governano le relazioni sono le stesse e la ricerca di scorciatoie e soluzioni rapide e immediate online è la stessa che si ritrova per le strade.
La tendenza a scegliere la via più comoda di fronte a questioni complesse, però, ci rende vulnerabili, propensi a credere ai fuffaroli online, che ti propongono miracoli e segreti e che mi fanno venire sempre in mente una figura antica: l’imbonitore, il ciarlatano.
Già nelle città medievali, infatti, c’erano venditori ambulanti e mercanti che si approfittavano degli abitanti del posto a suon di rimedi miracolosi, pozioni magiche e merci straordinarie.
La metafora dell’erba del vicino
Un’esempio molto contemporaneo di scorciatoie lo si trova su Instagram, con i bot, che, in poche parole, fanno crescere il seguito di un profilo in maniera automatizzata.
La questione bot scatena sempre tante discussioni e tanto fastidio da parte di chi non li utilizza. E io il fastidio lo capisco, ci mancherebbe. Quello che non capisco è perché a volte destiniamo tanto tempo e tante energie all’osservare le scorrettezze altrui, piuttosto che a rimboccare le maniche e a fare.
È un po’ come sapere che l’erba del vicino è più verde perché ha messo i pesticidi e nonostante tu sappia che la sua crescita è alterata e non naturale, continui a guardare ciò che fa e…trascuri il tuo giardino.
Sarebbe bello che anziché rimanere abbagliati dalla favola della crescita e del successo immediati, cercassimo d capire quali sono delle aspettative realistiche per quello che vogliamo ottenere e ci immergessimo nel meraviglioso flusso di chi si fa il mazzo per far funzionare un’attività, che è fatto più o meno così:
lavoro, costanza quotidiana, lavoro, piani che fai, piani che saltano, lavoro, investimenti, cose da dire, lavoro, raccontarsi, fatture, lavoro, chiamate, mail, riflessioni, speranze, lavoro, fallimento, perseveranza, lavoro, riprovarci, lavoro, formazione, promozioni…e via da capo.
Magari si scopre che, in fondo, il web è più meritocratico di quanto ci si aspetta.
E che i pesticidi nel lungo periodo non fanno bene.
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